10 febbraio 2007

Arcitaliani e antitaliani

Le generalizzazioni e i pregiudizi sono, nella gran parte dei casi, da evitare. Ad esempio, io ho istintivamente la convinzione che tutti coloro che facevano parte del Partito Comunista Italiano fossero persone serie ed intellettualmente oneste. Per fortuna ogni tanto la realtà mi smentisce; come mi è successo oggi, mentre leggevo questo articolo del Corriere su Napolitano e il Giorno del Ricordo delle foibe. Non che l'attuale presidente della Repubblica sia nuovo a manifestazioni di squallore e cialtronaggine: ricordiamo tutti quando l'anno scorso deprecò l'invasione sovietica dell'Ungheria, che -come ogni persona onesta sa da 50 anni- fu un atto cieco, sanguinario e imperialista, a meri scopi di legittimazione personale (OMG! Un comunista al Quirinale! OMG!). Oggi, validamente supportato dai mezzi di comunicazione, ha piegato i morti in Istria, Dalmazia e regioni circostanti -non interessa in questa sede se infoibati o no, italiani o slavi, fascisti o comunisti, civili o militari; che il rispetto per i morti, in una società civile, va oltre- ad una meschina, prima ancora che vergognosa, operazione di propaganda politica e di falsificazione della storia. Il livello culturale e storiografico di questa strumentalizzazione, mascherata da omaggio alle vittime delle foibe e rivendicazione dell'italianità calpestata, appare tra l'altro evidente dalle notazioni "storiche" dell'articolo ("...tra il 1943 e il 1945, vennero fatti sparire migliaia di oppositori al regime di Tito...": oppositori al regime di Tito? Nel 1943-1945? Boia, che precursori) e dalla meravigliosa cartina, in cui i presunti difensori del nostro retaggio nazionale non trovano di meglio che scrivere Rijeka, Rovinj, Pula, al posto dei nomi normali e corretti per chi conosce la lingua e la storia del nostro Paese, cioè Fiume, Rovigno, Pola. Ma tant'è, devono aver spostato la redazione del Corriere a Banja Luka; oppure, ma forse sono maligno io, la Venezia Giulia italiana per questa gente è solo un pretesto: se domani facesse loro comodo, andrebbero con i nazionalisti croati a scalpellare i leoni di San Marco dalle città dalmate.
Considerato tutto questo, non vale neanche la pena di polemizzare, dal punto di vista della ricostruzione storica, con gente che non sa neanche lontanamente cos'è l'Adriatico, chi sono "gli slavi" e chi "gli italiani", chi ha cominciato a dividere per "razze" e a porre in scala gerarchica le popolazioni giuliane e dalmate, tantomeno come si è arrivati alla tragedia delle foibe. Però non si può sorvolare sulla bassezza etica di un presidente della repubblica che arriva a dichiarare che di tali massacri non si è parlato perché c'era qualcuno che tendeva ad ignorare la verità per pregiudiziali ideologiche e cecità politica: ora, chi è stato deputato del PCI, poi PDS e DS, per la zona di Napoli dal 1953 al 2006? Chi poteva parlare e invece ha taciuto? Potete scegliere tra a)Josip Broz detto Tito, b)Giorgio Napolitano, c)un sordomuto timido incredibilmente somigliante a Giorgio Napolitano. A chi risponde correttamente verrà inviata in dono una notevole quantità di pudore e rispetto di sé, donati dal suddetto Napolitano, che tanto non ne fa uso.
Niente, se vi capita leggete L'Italiano. Realtà e illusioni (RAM multimedia, Roma 2002) di Fabio Cusin, che era di quelle parti lì e non scriveva a casaccio. Oppure godetevi, come faccio io, l'Arcitaliano che siede al Quirinale, degno rappresentante di un paese che provoca le guerre e ne attribuisce ad altri le tragedie, mantiene per cinquanta anni un'ideologia e poi la rimuove, parla di pace e tolleranza e non sa neanche che quei generici "slavi" annessionisti si chiamano sloveni e croati, sono organizzati in Stati moderni e non in tribù razziatrici, hanno molte morti da ricordare ma forse meno voglia di usarle per schifosi scopi di politica interna. Non è ancora giunta loro la civiltà di Roma.

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