22 gennaio 2007

La religione spiegata ai seienni


Come succedeva assai di rado, per tanti motivi ma non perché non piacesse ad entrambi, quel giorno padre e figlio erano usciti assieme a fare la spesa. Sulla strada del ritorno, il padre aveva deciso di passare per il parco, perché il tempo era atrocemente splendido per quella mattina di inizio gennaio. Il bambino era stato d'accordo.
Mentre il padre misurava con le sue lunghissime gambe i suoi passi paciosi, il figlio trotterellava intorno a lui. Ogni tanto si avvicinava e lo guardava serio. Il padre sapeva di doversi aspettare una domanda. Ingannava l'attesa asportando pezzi di mollica ancora calda dal pane che avevano comprato e mangiandoli in tutta calma.
Si volse verso il figlio:
-Vuoi del pane?
-No.
Poi si udì il rumore di un sasso calciato dal bimbo, e si vide e si sentì panico e battere d'ali tra i colombi che si trovavano sulla traiettoria. Per fortuna non ci furono feriti.
-Babbo?
-Sì?
-Cos'è Dio?
Il padre guardava davanti a sé quando iniziò lentamente a rispondere.
-Dio è la ragione per cui siamo qui.
-Non capisco.
Il padre sospirò.
-Dio è un uomo molto, molto vecchio e molto, molto forte che vive in un posto lontanissimo, dove il celeste del cielo si sbiadisce a poco a poco e diventa bianco. Un giorno che si sentiva molto solo, perché non c'era nessuno con lui, ha preso delle scatole di costruzioni che aveva solo lui e ha fatto gli uomini. Poi li ha dipinti ben bene e li ha messi sulla terra.
-Perché?
-Perché gli uomini sono divertenti e Dio è contento di guardarli.
-Anche Piero è divertente?
-Chi è Piero?
-Piero è un bambino fortissimo che viene all'asilo e dà i pugni agli altri bambini e li fa piangere. Poi gli prende la merenda. Qualche volta si capisce che neanche la vuole, perché ha già mangiato, ma la prende lo stesso. Piero è cattivo.
-Piero è il più divertente di tutti. Dio si diverte un sacco a guardare quelli come Piero, che pensano di essere cattivi. Poi quando quelli si sentono davvero forti, Dio gli soffia nel petto, piano pianino: ma il respiro di Dio è così forte che quelli si ribaltano e volano via. E non si vedono più.
-Povero Piero.
-Già, povero Piero.
-Allora le persone sono i giocattoli di Dio.
-Sì, ma lui non ci gioca come tu giochi con i tuoi. Lui ci guarda mentre giochiamo tra noi, di solito.
-Perché non ci gioca?
-Perché è troppo forte per giocare con noi. Se ci toccasse solo un po' con il suo dito mignolo, ci schiaccerebbe come tu schiacciavi quegli insetti rossi che c'erano la scorsa estate sul balcone, ti ricordi?
-Sì.
-Ti ricordi la macchia rossa che avevano fatto quegli insetti, alla fine?
-Sì. Poi la mamma mi ha sgridato.
-Esatto.
-Dio chi lo sgrida?
-Nessuno. Dio è alto e grosso e ha il vocione, nessuno lo sgrida mai. E poi è da solo, perché non ci può essere un altro forte come lui.
-E' proprio così forte?
-Sì. Pensa che quando Dio gioca a Subbuteo tira così forte e preciso che la palla finisce sempre nell'angolino, prima ancora che l'avversario faccia in tempo a prendere il portiere. Se per caso invece l'ha preso, il tiro spezza le braccia del portiere e bisogna andare a prendere la colla, sennò non si può ricominciare la partita. E quando gioca a nascondino, Dio non lo trova mai nessuno. Lo cercano per giorni, all'inizio solo quello che sta sotto, poi anche tutti gli altri che vorrebbero continuare la partita. Ma Dio non si trova mai, come se fosse scomparso.
-E quando sta sotto lui?
-Dio non sta mai sotto.
-Perché vince sempre?
-Esatto. Dio non perde mai.
Erano ormai quasi fuori del parco. Il bambino sapeva che adesso c'erano le macchine e doveva dare la mano a suo padre. Ma prima di arrivare al cancello, corse davanti a lui e poi si fermò di scatto, guardandolo.
-Dio è noioso, babbo.
-Abbastanza. Ma non dirlo, perché viene qui e ti lega insieme i lacci delle scarpe. E i nodi di Dio non si possono sciogliere.
-E io mi tolgo le scarpe e vado scalzo.
Il padre ci pensò su un po'.
-Eh, ma qualche volta fa troppo freddo per andare in giro scalzi. Poi ti sporchi i piedi e la mamma non è contenta.
-Allora bisogna aspettare che Dio si penta e scenda a slacciarti i nodi?
-Sì, si fa così.
-E Dio viene?
-Il più delle volte viene. In fondo, Dio è un brav'uomo. Ora andiamo a casa, sennò la mamma si preoccupa.
Il bambino perse la sua mano in quella immensa del padre e cominciò a camminare verso casa.
-Babbo?, fece poi ad un tratto.
I due si fermarono. Il padre lo guardò da quell'altezza vertiginosa. Il bambino pensò che anche Dio doveva trovare piccolissime le persone che scrutava dall'alto. Poi rifletté che in realtà non era possibile che fosse così: Dio doveva aver trovato un modo per vedere tutti gli uomini come se fossero grandi e vicini, altrimenti ci sarebbe stato sempre il rischio di confondersi.
Il padre attendeva la domanda con una piccola inquietudine.
-Babbo, cos'è il Subbuteo?
-...E' un gioco.
-Si gioca da soli?
-No, bisogna essere in due.
-E Dio contro chi gioca?
Il padre si grattò la testa con la mano libera, quella che reggeva le buste della spesa.
-Ogni tanto, quando è triste, prende delle persone sulla Terra, le stringe con delicatezza tra il pollice e l'indice e le porta a giocare con lui.
-Tu sai giocare a Subbuteo?
-Sì.
-Sei forte?
-Abbastanza.
-Non è che ora Dio ti prende?
-No, io prima devo insegnare a giocare a te. Poi, quando tu sarai bravo, Dio potrà prendermi quando vuole.
-Mi insegni?
-Facciamo domani. Ora torniamo a casa, sennò la mamma si arrabbia. E le femmine arrabbiate fanno paura anche a Dio.
-Sono cattive?
-Sono serie, è peggio.
-Non capisco.
-Non puoi capire tutto ora. Lasciati qualcosa per quando sarai grande.
Il bambino non seppe che rispondere. In quel momento un gattino nero, bianco e marrone passava sul marciapiede, con la coda corta dei gattini ben ritta in aria. Distrasse il bimbo quel tanto che bastava a soddisfare la naturale vanità dei felini, ma evitò con ogni cura di farsi avvicinare da lui. Padre e figlio si diressero a casa, e per un bel po' di tempo non parlarono più di religione.

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