29 agosto 2006

Roba tosta

Ero lì che amavo il sale della terra, quando improvvisamente venne da me il Guatemala. Era alto, magro, coperto di foreste pluviali, incapace di mentire, la fronte alta segnata dalle profonde e dolorose rughe di chi sa di confinare con il Nicaragua. Feci per aprire il cassetto e tirare fuori la pistola, ma nella mia scrivania non ci sono mai state pistole. Il biglietto di Norimberga-Hertha Berlino non bastò a spaventarlo ("come è finita?", mi domandò. Bluffava, forse. Come può il Guatemala non seguire la Bundesliga? Decisi di assecondarlo:"2 a 1 per noi, Vittek e Saenko*". "Segnano sempre loro", pensò esso** ad alta voce, cercando con la mente chissà quale frammento di Eurogol con Stefano Bizzotto). "Ho una missione per te", disse piano mentre la bocca si storceva in un ghigno che voleva essere sensuale, "devi rendermi navigabile. Cento bigliettoni al giorno più le spese, non ho altre offerte". Risi. Pensai. Risi. Pensai di nuovo. Il Guatemala mi guardava, sconcertato dal mio atteggiamento e dalla foto autografata di David Hasselhoff appesa al muro. "Per cento bigliettoni al giorno faccio anche da volontario per il pubblico di Amici di Maria de Filippi". Ubriaco e sotto pasta, ma questo era sottinteso. "Se sei un duro come dici, non ti spaventerà di certo l'orografia complessa, il diffuso profilo montuoso, la presenza di indigeni ostili". Scoppiai a ridere, ma solo nel profondo della mia coscienza; fuori, fuori rimasi serio come una donna che ti aspetta in piedi per rimproverarti, muta, una notte che hai fatto tardi e non ricordi perché. "Paura? Io ho paura soltanto di rivedere un campionato come quello dell'Ancona 2003/04, e comunque sono sopravvissuto anche a questo".
La mia sicurezza gli piacque; oppure era convinto che avrei avuto modo di dimostrare se parlavo perché la razza umana, a differenza degli altri primati superiori, ha una complessione anatomica che glielo permette, o perché davvero ero convinto del fatto mio. Diedi una rapida boccata alla cicca che mi ero rollato mentre il Guatemala perdeva tempo spiegandomi dettagli inutili della missione. Ho sempre fatto a modo mio: non mi interessa sapere cos'è l'America Centrale, come è raggiungibile per nave o aereo, chi o che cosa è rickymartin***, per quale motivo un attaccante centrale del Bayern Monaco dovrebbe aver ucciso un imperatore Inca. Ancora una boccata, e un'altra. "Hai mangiato il pollo?", chiese sardonico il Guatemala, allungando la mano. Io avevo in mente solo Kim, il suo sorriso aperto, incastonato in quell'oceano di rifiuti, di miserie umane, di povertà e di terrore. Kim, avrei dovuto portarti via da Studio Aperto. Smisi del tutto di ascoltare, mentre la nazione di fronte a me blaterava qualcosa sui collegamenti principali, la profilassi e altre cazzate. Per me c'era solo Kim, anche in quella stanza, e non c'era altro da ascoltare che la sua risata impaurita.

Due settimane dopo, a Cercepiccola (CB), avrei avuto occasione di pentirmi della mia distrazione.



*Si noti il suono particolarmente hard-boiled della coppia d'attacco dell'FCN.
**Il Guatemala è un luogo geografico e come tale è neutro. Quindi utilizzo il pur desueto "esso". Che in italiano il neutro non ci sia non è faccenda che mi riguardi.
***E' effettivamente un omaggio, se ve lo state chiedendo. Non a rickymartin, spero sia ovvio.

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26 agosto 2006

Rino l'autodidatta e Giacomo il precursore

Anche qui in Germania, e come poteva essere altrimenti?, è giunta l'eco della pubblicità di "Panorama" con un Gattuso tranquillo e suadente che parla di Leopardi. Nell'attesa -verosimilmente breve- di una pubblicità de "l'Espresso" con Giacomo Leopardi, zombie e incazzato, che addenta crani umani e discetta di Gattuso, voglio solo far notare un paio di cosucce. La prima è l'articoletto del Corriere che dà notizia del Gattuso reclamizzatore. Leggetelo anche voi. Forse manca un "non", o almeno questo è ciò che penserebbe uno spirito razionale. Uno spirito stupido, tipo il mio, gode invece nell'immaginare che Gennaro Ivan Gattuso -non avendo potuto studiare per ragioni professionali- si sia formato leggendo e rileggendo volumi ponderosi, su nella sua cameretta a Glasgow o in ritiro a Perugia, mentre Gaucci sbraitava di là nel corridoio. E magari anche oggi, ad avversari che gli rinfacciano entrate troppo rudi, replichi soltanto Se Dio non esiste, tutto è permesso. E questa era la prima cosuccia.
La seconda faccenda è la poesia che, me ne sono ricordato ieri, Giacomo Leopardi da Recanati (MC) dedicò nel 1820-1823 a Gattuso: A un vincitore nel pallone. Ad una prima lettura non si capisce pressoché niente, lo so. Tuttavia, ad una seconda o anche terza, paiono evidenti i fitti richiami a G.I.G.: dalla rima "sovrasti-contrasti" nella prima strofa (e chi è colui che dei contrasti è per eccellenza il dominatore?), ai richiami al "popolar favore", al "greco acciaro" e alle "greche insegne" della seconda strofa (pare superfluo ricordare l'origine magnogreca del nostro eroe). Non siete ancora convinti? Guardate allora quello che dice Wikipedia di questa canzone: [essa] ...mostra disprezzo per il tedio di una vita come monotona ripetizione delle vicende umane e a cui solo il pericolo può ridare valore: solo chi giunge sulla soglia della morte può trovare dolcezza nel vivere. In pratica, questo è il senso del pensiero leopardiano: Gattuso sì che è un eroe (ma mi piace anche Tøfting), altro che quei fighetti tipo Ronaldinho e Beckham. Ce ne fossero di più, di Gattusi, non avremmo bisogno del Risorgimento e io non mi farei le seghe. Insomma, è vero che era gobbo, ma prima di tutto era uno sportivo serio.

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24 agosto 2006

Sono sempre i migliori che se ne vanno


E' ufficiale: Plutone non è più un pianeta. Pare inoltre che verrà espulso dal circolo bocciofilo di Fossombrone, che frequentava con profitto dal lontano 1978, mentre c'è già chi maligna sulla possibile fine della sua burrascosa relazione con Ophélie Winter (nella foto, in evidenza i satelliti che hanno fatto perdere la testa al fu pianeta). L'attrice francese avrebbe detto:"Mi sono innamorata di un pianeta, ora scopro di stare con un sobborgo di Torre del Greco" (almeno secondo l'Osservatore Romano). L'agente di Plutone sostiene per la verità che il suo assistito sta bene e che ha accettato la decisione di quegli stronzi degli scienziati terrestri con tutta la serenità di questo mondo, o forse si dovrebbe dire meglio "di questo meteorite". I soliti ben informati assicurano però che Plutone è tutt'altro che sereno: sono già due giorni, pare, che ciondola senza costrutto dalle parti di un buco nero, e non è detto che non si decida all'insano gesto. Staremo a vedere.

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23 agosto 2006

Una gita a...

Questa settimana andiamo ad Arcevia. Prima di tutto perché ci va, poi anche perché è un posto meraviglioso. Ma vediamo i dettagli.
Arte e cultura. Da vedere ad Arcevia c'è Arcevia, e non è affatto poco, e soprattutto i suoi stupendi castelli. Grazie alla loro protervia e malvagità, gli abitanti di Arcevia hanno conquistato nel Medioevo parecchi luoghi; oggi il Comune ha un territorio molto vasto e comprende autentici gioielli, tra cui sono assolutamente da vedere Palazzo e Loretello; ma anche gli altri sette castelli (Arcevia ne ha in tutto nove), in particolare Castiglioni e Piticchio, non sono male. Anzi, piacciono a tutte le persone intelligenti; non aggiungo altro. Ad Arcevia città ci sono mura possenti, un giardino grande e in posizione invidiabile (dov'era la rocca della città medievale), numerose chiese -alcune anche molto belle- e un museo archeologico. Questo museo, che si trova in un grazioso chiostro, raccoglie anche alcune testimonianze dei Celti che occupavano, qualche secolo prima di Cristo, la zona di Arcevia. Non si dovrebbe infastidire il riposo delle persone; ma nelle sepolture dei Celti sono state trovate tali oggetti d'arte che vale la pena di perdonare questo peccato.
Natura. La mancanza di capacità e voglia di lavorare, tipica di questi strani marchigiani, mantiene il territorio di Arcevia quasi privo di industrie e altri segni dello sviluppo. Questo è un bene per il panorama. Salite sui monti intorno ad Arcevia, affacciatevi dalle mura, girate un po' in macchina per le frazioni. Poi capirete che intendo, quando dico che un paesaggio così non si trova mica facilmente. O forse si trova solo qui.
Clima. Romantico, tendente al sublime: neve, freddo, molto vento. D'estate si sta abbastanza bene. Se amate il posto potete però apprezzare anche il clima, che ha un vantaggio: scoraggia il turismo di massa. Non scoraggia però i cinghiali (che sono comunque molto buoni).
Storia, genetica e psicologia. Quasi tutti i marchigiani sono convinti di essere i migliori della regione (o del mondo, talvolta). Lo pensano anche gli abitanti di Arcevia: ma la differenza è che loro hanno ragione.
Grazie alle loro origini celtiche e franche -la città medievale fu probabilmente fondata dalle truppe di Carlo Magno, che lasciarono anche uno strano santo patrono francese- gli attuali arceviesi sono alti, belli e presuntuosi. Il loro complesso di superiorità, del resto comprensibile, non ha quasi limiti. Nonostante questo si divertono molto a scherzare, bere (molto) e a parlare male della loro patria. Attenzione, però: sono un po' timidi e sensibili, e bisogna aver pazienza con loro.

Diese Woche fahren wir (ich und Sie) nach Arcevia (spri.:Artschäwia). Erstens, weil wir wollen; zweitens, weil es doch ein wunderbarer Ort ist. Sehen wir aber die Details.
Kunst und Kultur. In Arcevia ist Arcevia zu sehen, und das ist sicher nicht wenig, doch überhaupt sind seine wunderschöne Schlößer zu besuchen. Dank ihren Gemeinheit und Arroganz haben die aus Arcevia im Mittelalter zahlreiche Gebiete erobert. Heute ist die Gemeinde Arcevia sehr weit und bezieht echte Perlen ein, unter denen Palazzo und Loretello auf jeden Fall zu sehen sind; die übrigenen sieben Schlößer (sie sind gesämtlich neun) sind ja aber nicht schlecht. Ja gefallen sie allen intelligenten Menschen. Und ich füge nichts hinzu. Arcevia hat kräftigere Mauer, einen schönen Garten, der sich in einer malerischen Lage findet (dort lag die mittelalterliche Burg), mehrere Kirchen -deren einige sind auch sehr schön- und ein archäologisches Museum. Das liegt bei einem hübschen ehemaligen Kirchhof, und sammelt auch einige keltischen Funde. Diese Kelten bewohnten manche Jahrhunderte vor Christus das Gebiet Arcevias. Zweifelsohne sollte niemand die letzte Erholung der Leuten belästigen: jedoch wurden solche Kunstwerke in den Gräbern der Kelten gefunden, dass man diese Sünde gern verzeihen kann.

Natur. Die typische Mangel an Unternehmen-Fähigkeit und -Lust, die diesen überraschendern und komischen Inwohnern der Marken gehört, behält die Gemeinde Arcevias fast ohne Industrien und andere Zeichen der kapitalistischen Entwicklung. Das ist doch gut fürs Panorama. Bitte steigen Sie mal auf die Berg, die Arcevia umgeben, zeigen Sie sich aus den Mauern der Stadt, fahren Sie das Auto durch die Dörfer und das Land. Dann werden Sie verstehen, was ich meine, wenn ich das sage: eine solche Landschaft findet man nicht so leicht. Oder vielleicht kann man nur hier das finden.
Klima. Das ist ganz romantisch, fast nah dem Erhabene: Schnee, Kalt, oftmals Wind. Im relativ frischen Sommer kann man damit ziemlich zufrieden sein. Wenn Sie jedenfalls den Ort lieben, können Sie auch das Klima schätzen, das einen Vorteil hat: es entmudigt den Massentourismus. Die Ebere entmudigt es aber gar nicht (die allerdings sehr lecker sind).
Geschichte, Genetik und Psychologie. Fast jeder in Marken ist überzeugt, der beste der Region (oder der Welt, passiert es auch) zu sein. Das denken die aus Arcevia auch. Es gibt jedoch einen Unterschied, das heißt, dass sie Recht haben. Dank ihren keltischen und fränkischen (die Stadt wurde wahrscheinlich von den Truppen von Karl dem Großen begründet, die auch einen sonderbaren französischen Patron ließen) Ursprüngen sind die aktuellen Arcevia-Inwohner groß, attraktiv und eingebildet. Ihr -übrigens ganz verständlicher- Überlegenheitskomplex ist fast unbegrenzt. Trotzdem haben sie viel Spaß, indem sie scherzen, lachen, (viel) trinken und wenn sie schlecht von ihrer eigenen Heimat reden. Aber sind Sie mal aufmerksam: sie sind normal ein bisschen scheu und empfindlich. Man muss mit ihnen Geduld haben.

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21 agosto 2006

Anche senza Bonetti

Sono appena tornato da Berlino. Ho fatto qualche giorno là con amici; mi riprometto di tornare sull'argomento, perché ne vale la pena. Per il momento butto giù solo qualche spunto, per non scordarmi niente di quattro giorni intensi:
overdöner, caffè in chiesa, sono un fascista e non me n'ero mai accorto, ballo liscio da turchi per turchi, un saluto agli oggetti, io non avrei mai potuto tirarla su quella bandiera rossa, il museo archeologico di Arcevia (AN) chiude alle sette-sette e mezzo, andare in spiaggia al muro di Berlino, piastrellista per grossi felini, orgogliosi di essere in quinta divisione.
Questo è in sintesi ciò che ho visto e pensato a Berlino. Sicuramente qualcosa l'ho già dimenticato, ma sono stanco e bisogna capirmi.


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14 agosto 2006

Né cocchia né pudacchio*

*Ossia, per i non marchigiani: la donna mi ha lasciato.

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13 agosto 2006

Blondeleuteschutzgesetz

I tedeschi sono bellissimi, secondo me. In generale, eh: ce ne sono che fanno schifo, ma ciò non inficia la validità del discorso. L'idea, che ho appena spiegato alla mia coinquilina, è quella di tutelare l'unicità e il patrimonio della stirpe germanica in questo modo:
1-Si vietano nella maniera più assoluti i contatti di natura sessuale tra tedeschi e italiani, turchi e altra feccia usa portare i pantaloni della tuta (in acetato, la cosiddetta finlandese) nella vita di tutti i giorni;
2-Si stabilisce in 25 kebab annuali il limite massimo pro capite per ogni tedesco adulto (12 per i bambini);
3-Si prende Tarkan a calci in culo, dal Reno al Memel;
4-Si costituisce in Assia o in Turingia un parco naturale per tedeschi; qui, cullati dalle morbide note dei Kraftwerk o dei DAF, giovani (maschi) e giovani (femmine) ricreeranno nella natura incontaminata, o quasi, l'ambiente di vita proprio dei tedeschi di una volta, dedicandosi alla copula nei prati, alla birrificazione, all'insalsicciamento. Scopo di quest'iniziativa è il ripopolamento della Germania (che con soli 82 milioni di abitanti è pressoché deserta);
5-Chiunque prepari spaghetti sul territorio federale è penalmente perseguibile;
6-Si reintroduce, una tantum, la pena di morte -ben meritata- per l'inventore della Zottarella.

Scusatemi, ma sono un uomo di sinistra e mi piacciono le differenze. Quindi direi che bisogna salvaguardarle.

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10 agosto 2006

Unser lieber Engel

Partiamo da un dato di fatto: tutti cantano Battisti, ma nessuno conosce le parole. Perché succede questo? Perché è tutto un adattare, un improvvisare, un modulare all'ultimo momento le proprie parole quando ci si accorge che in realtà il testo dice altro? Non mettetevi a negare, perché lo fate anche voi, e anch'io. Bene. L'unico modo per cancellare questo istinto atavico del popolo italiano (già Mussolini canticchiava "...planando sopra boschi di braccia tese..." mentre si faceva la barba, e guardate cos'ha combinato) è tradurre Battisti in un'altra lingua; non dico distruggere tutte le registrazioni, perché sarebbe un attentato e una perdita per la musica, però tradurle, impedendo così per sempre la storpiatura dei testi.

Ecco dunque la mia modesta proposta: si chiama Rosa Blumen, Blumen von Pfirsich(baum). Il testo originale lo trovate qui, in questo sito curato da ignoranti incredibili, che credo siano anche convinti che Yesterday l'ha scritta George Macartney, o al limite Ally McCoist.

(L'inizio è un pochino macchinoso, ma poi la metrica convince in pieno).

Rosa Blumen, Blumen von Pfirsich, es gab dich
Neue Blumen, diesen Abend gehe ich aus, ich bin ein Jahr älter...
selbe Straße, selbe Tür, Entschuldigung,
wenn ich hierher diesen Abend gekommen bin
Allein konnte ich nicht schlafen, weil ich dich nachts noch brauche (su questa riga bisogna lavorare)
Lass mich eintreten, bitte... (e qui inizia la cavalcata)
Nur glaubte ich, zu fliegen und ich fliege nicht,
ich glaubte, dass das Blau deiner Augen für mich immer Himmel war und es ist nicht,
immer Himmel war und es ist nicht...
Darf ich deine Hände drücken? Wie kalt sie sind, du bebst,
Ne, ich irre nicht, du liebst mich,
Sag mir, das ist wahr
Sag mir, das ist wahr...
Sag mir, dass wir nie fern gewesen sind
gestern war heute, heute ist bereits morgen
sag mir, das ist wahr, sag mir, das...
Entschuldigung, ich glaubte schon, dass du ganz allein warst
ich glaubte, es gab ja niemanden mit dir (ancora problemi. Qualcuno sa il danese?)
entschuldige mich sehr viel, wenn du kannst
ich bitte auch Sie um Entschuldigung, Herr, aber
ich war definitiv außer mich
ich war definitiv außer mich, als ich sagte:
"Darf ich deine Hände drücken?" Wie kalt sie sind, du bebst,
Ne, ich irre nicht, du liebst mich,
Sag mir, das ist wahr...
Sag mir das ist wahr (finale di gloria, pioggia di reggiseni sul palco, appuntamenti galanti a fine serata. Voi ora ridete pure, ne riparleremo tra qualche anno, forse).

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09 agosto 2006

Cultura e deiezioni


Questa settimana mi sono divertito molto. La piacevole sonorità della parlata marchigiana è tornata a risuonare in riva al placido Pegnitz, grazie ad una gradita visita di un paio di amici. Per questo motivo in pratica non dormo da sei giorni, almeno non in maniera soddisfacente, e sto scoprendo nuovi orizzonti della capacità umana (capacità nel senso di "quanto liquido si può versare in un determinato contenitore prima che il contenitore stesso crolli a terra ubriaco"). Peccato che ormai dieci anni fa abbia preso la sciagurata decisione di tagliarmi i capelli fluenti, altrimenti con i miei occhiettini piiiiccoli sarei davvero somigliante al quadro di Julian Opie che potete vedere anche voi, qui a destra. Però quella è una donna, a dire il vero.
Ma questo in ogni caso non interessa a nessuno. Quello che interessa a tutti, o perlomeno alle persone sensibili, sensate e sensuali, è il Neues Museum Nürnberg, cioè il Museo d'Arte Contemporanea. Se vi capita di andare a Norimberga visitatelo. Se invece passate per Lecco non dimenticate di buttarvi nel lago, possibilmente dopo avere assicurato le vostre estremità ad una pietra calcarea (questa era un'invettiva del tutto gratuita, da cui mi dissocio all'istante).

Quello che comunque stavo cercando di tirare dentro al discorso è la merda d'artista. Questa che vedete qui, una delle novanta realizzate da Piero Manzoni e vendute all'equivalente del loro peso, trenta grammi, però in oro. Geniale, no? Non vengo certo a spiegare a voi acuti conoscitori di vasti campi dello scibile umano la sottile ironia dell'equivalenza merda=oro stabilita dall'artista stesso. Quello che mi ha colpito è che adesso il prezzo stimato di una scatoletta della serie è salito moltissimo. Se ne deduce che:
1)della deriva presa dalla moderna società, Manzoni aveva già capito tutto più di quaranta anni fa;
2)nella suddetta moderna società, capita talvolta che la merda valga più dell'oro.

Vi dirò che questo l'avevo già sospettato.

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02 agosto 2006

Inutilità dei conigli

La mia donna (diamo per scontato che lo sia, per questo post) ha un coniglio. Anzi, non è propriamente un coniglio: almeno a suo dire, è una lepre. A cosa serve una lepre che vive in bagno, in una sua gabbietta per lepri -radicalmente diversa da quella per conigli: salta agli occhi l'assenza di un frigobar, di un campo da calcetto, di un'orchestrina jazz? A niente. Cosa fa una lepre, intesa come animale domestico? Nulla. Secondo me oltretutto è un coniglio nano. Questo spiegherebbe d'altronde come mai frotte di aristocratici inglesi con le loro mute di cani bavosi non si accalcano alla porta di casa della mia donna per addestrare i suddetti cani bavosissimi alla caccia. Ciò è in ogni caso un bene, perché così l'uscio di casa della mia donna non deve essere continuamente nettato della bava degli orrendi cani e delle deiezioni di Lord Simon e Sir Garfunkel (non lo scopro certo io che gli inglesi sono sporchissimi). Ma lasciamo da parte la carente igiene personale degli albionici e torniamo al coniglio/lepre. Esso, pur essendo lautamente ricompensato con cibo per conigli, insalata e altre cazzatine, manifesta la sua gratitudine rifuggendo ogni contatto con umani (tranne quando stai cagando; allora si approssima ai tuoi boxer calati, denotando non so quale interesse), nascondendosi negli interstizî, emettendo rumori francamente fastidiosi e anche scagacciando in giro. A mio parere sarebbe ora di mangiarla, per insegnarle l'educazione (qualsiasi cosa sia, è una femmina). I tedeschi, che notoriamente sono un grande popolo, non a caso utilizzano l'espressione "Mein Name ist Hase" (io mi chiamo lepre) per significare "non so proprio niente". Una lepre non sa niente, non fa niente, è saporita ma se ti affezioni non la puoi neanche mangiare. Nel vostro bagno allevate piuttosto dei romantici, soffici, intelligenti e sensuali orsi.

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