12 gennaio 2007

La voce del popolo

Giusto l'altro ieri (errata corrige: a questo punto tre giorni fa) Bruno Vespa mi parlava di questo interessante sondaggio del Corriere della Sera. Io volevo solo guardare "Tutto può succedere", con Jack Nicholson e Diane Keaton, ma lui è entrato a forza nella pubblicità e ha presentato i risultati dell'indagine. Ebbene, pare che gli italiani intervistati, peraltro ancora bolsi e con l'occhio bovino per i grassi ingurgitati durante le feste, abbiano sentenziato che l'esecuzione di Benito Mussolini nel 1945 fu un errore.
Appena sono venuto a sapere di questo sondaggio, ho avuto un'illuminazione. E' proprio di questo che abbiamo bisogno: dell'opinione di gente impreparata su fatti storici complessi. E allora perché fermarsi al 1945? E la storia precedente cos'è, merda? In conseguenza di ciò, ieri sono entrato in un ufficio pubblico a caso, munito di lista delle persone da chiamare (selezionate secondo i più moderni e rappresentativi dettami della sociologia), e mi sono messo a sondaggiare.
Le domande erano state studiate da un'equipe composta da Renato Mannheimer, Cesare Ragazzi e Sberla dell'A-Team perché fossero il più possibile comprensibili, mantenendo allo stesso tempo il loro valore scientifico e d'opinione.
La prima domanda che abbiamo posto è stata dunque questa: Qual è nel complesso il suo giudizio sui risultati della Guerra dei Trent'Anni?

Figura 1.
Come mostra il grafico, l'opinione pubblica italiana è piuttosto combattuta; nel complesso, anzi, i delusi e i soddisfatti grossomodo si equivalgono. Colpisce però la sproporzione regionale: se al Nord e al Centro prevalgono rispettivamente i giudizi negativi e abbastanza negativi, al Sud la somma di chi appoggia più o meno incondizionatamente la pace di Westfalia giunge a valicare il 50%. In particolare, la Basilicata e la Sicilia Orientale hanno mostrato un gradimento quasi plebiscitario verso le condizioni di pace, mentre più tiepida è risultata essere la Sardegna. D'altra parte, è statisticamente importante anche l'elevato tasso di reticenza riscontrato nelle regioni del Settentrione: alcuni intervistati preferivano infatti non rispondere, con varie motivazioni, quali "dopo la lega di Smalcalda sono deluso dai principi tedeschi e non voglio più parlarne", "qui sul Lago di Garda abbiamo turisti da tutto il Nordeuropa e non voglio scontentare nessuno", "mio zio da giovane era all'assedio di Mantova e c'è rimasto un sacco male. Da allora in casa non si fa parola dell'argomento". Dunque questo primo quesito ci ha mostrato solo la divisione del nostro paese, a distanza di quasi quattrocento anni, tra un Sud entusiasta della ritrovata armonia westfalica che mise fine alle guerre di religione in Europa e un Centro-Nord decisamente più contrariato e meno disposto a festeggiare. Ci è parso quindi necessario, per realizzare un'inchiesta seria che davvero sfidasse l'ipocrisia e il politicamente corretto impostoci dal Mazzarino e dai suoi degni compari, chiedere quali fossero i motivi di delusione e gli strascichi lasciati dalla guerra. Ecco, perciò, la seconda domanda: Cosa in particolar modo non l'ha soddisfatta, della Guerra dei Trent'Anni e del suo lascito?

Figura 2.

Si nota subito come la prima causa di disagio sia l'eccessivo numero di tedeschi tuttora presenti in Europa. Più del 24% degli intervistati sostiene che questo sarebbe un problema; ma la percentuale sale quasi al 100% presso alcune categorie sociali, quali gli evasori fiscali, i fantini e i coniugati o fidanzati con partner a suo tempo bombato da un tedesco. La seconda fonte di preoccupazione, espressa dal 18,3% del campione, è il lento ma inesorabile avvicinarsi del regno di Francia a Strasburgo. Molti hanno anzi apertamente manifestato il timore che prima o poi, di questo passo, la città alsaziana (indubitabilmente tedesca) venga annessa allo stato transalpino, che riuscirebbe così a spezzare l'anello di ferro absburgico che lo serra tra la penisola iberica e i Paesi Bassi spagnoli. Il partito filo-imperiale è particolarmente forte nelle valli prealpine e nelle Murge pugliesi; gode poi di immensa popolarità, dal punto di vista sociale, tra i gestori di bar sulle vie consolari e i guardiacaccia in pensione. La terza frustrazione degli italiani, con il 15,8%, è la mancata partecipazione dell'Impero Ottomano al conflitto, forfait che ha decisamente abbassato il numero di atrocità, massacri, stupri, esecuzioni di massa e tutto ciò che fa festa in una guerra. In particolare, hanno risposto così i figli di almeno un genitore omosessuale, i discendenti dei savoiardi riparati in Italia al momento dell'annessione alla Francia, gli abitanti di Manfredonia e Otranto (per una questione di reciprocità), i pizzaioli assunti in nero e la quasi totalità dei pusher di religione cattolica. Raccoglie poi un inaspettato 14% il rammarico per il declino della cavalleria, che neanche la manovra del caracol è riuscita ad arginare. Le donne oltre la terza di reggiseno, i padroni di cani a pelo lungo o giallo, gli spezzini e le fiammiferaie hanno contribuito in modo particolare ad infoltire questa categoria, fatta per lo più di dolci ed ingenui idealisti. Più tangibile è la preoccupazione del 13,5% del campione, che sostiene di aver perduto beni (quali ville, poderi, caffè con terrazza panoramica, bordelli di lusso) posseduti in precedenza nell'ubertosa Sassonia; a causa per lo più della battaglia di Breitenfeld del 1631. Ovvio che la maggioranza di chi ha risposto in questa maniera sia formata da albergatori, papponi, gelatai e altri piccoli imprenditori, localizzati in prevalenza nel Nord-Est e in Liguria. Stupisce però che anche il 90% dei sagrestani e delle perpetue interpellati abbiano scelto questa risposta. Ragazzi e ragazze, ma anche cinquantenni con il pallino del romanticismo e la necessità di rivitalizzare un matrimonio, sono coloro che hanno invece visto un dramma nel loro fine settimana praghese rovinato dalla battaglia della Montagna Bianca e dalla successiva repressione anti-protestante. Ad esempio, Beppe di Paderno Dugnano, 21 anni, si è recato nel 1620 nella capitale boema con la fidanzata Gessica. Ci ha raccontato questo:"Beh, l'albergo era in una bella posizione, molto vicino al Castello. Tant'è che potevamo vedere dalla finestra le teste dei calvinisti infisse su delle picche e udivamo distintamente le grida dei torturati. Per questo la mia donna... beh, insomma, non me l'ha data mai. Dico, uno va a Praga e neanche chiava? Ho provato a lamentarmi con il Wallenstein, ma mi ha fatto frustare. Poi Gessica è fuggita con un ussaro slovacco. Lui le ha detto che lei gli ricordava la sua patria. E il servizio in camera faceva anche schifo, ecco". Infine, un ristretto 4% degli intervistati, per lo più militari in pensione, lavandaie e badanti moldave, si è lagnato per il mancato trionfo del Palatinato nel conflitto. Pare che in effetti la SNAI pagasse bene la vittoria del piccolo stato calvinista; per questo motivo e per la simpatia innata dei suoi governanti, solo nella provincia di Siracusa erano nati otto fan club ufficiali, i cui membri ora si ritengono comprensibilmente delusi.
L'ultimo quesito posto ai nostri collaborativi intervistati, giacché l'ufficio pubblico era sul punto di chiudere, è stato infine questo: Riterrebbe auspicabile una nuova immane guerra di religione e di potere al centro dell'Europa? Vediamo le risposte.

Figura 3.


Ogni commento è superfluo, quando le persone si esprimono con tale chiarezza e nobiltà.

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