26 aprile 2007

Supponiamo un amore

Agli occhi di lui era la donna più bella del mondo. La guardava in silenzio, assorto e composto per ore e ore; e per un sorriso di lei, un semplice sorriso, sussultava sulla sedia. Poi sorrideva a sua volta, inconsapevolmente; sorrideva ebete per parecchi minuti e chi gli stava a fianco lo prendeva in giro più o meno apertamente. I suoi capelli neri lucidi, la sua pelle di un rosa molto più scuro e verde del suo, non sapeva neanche come si chiamasse quel colore, gli parevano meravigliosi e ineguagliabili. “Ma ci sarà al mondo una donna bella come lei?”, pensava così (che potesse esserlo anche di più, era un’ipotesi che non gli era mai venuta in mente). Non per retorica; non sapeva proprio cosa fosse la retorica, a dire il vero. Non è che conoscesse granché del mondo, lui, se vogliamo essere onesti e trasparenti. Sapeva solo che quegli occhi gialli, che ogni volta non poteva smettere di fissare, fino a che lei non doveva allontanarlo con gentilezza ma con una certa decisione, quegli occhi gialli lo avevano stregato. Sarebbe rimasto a guardarli per un tempo infinito, ritrovando in loro impressioni sempre nuove. Un po’ come i bambini che si inginocchiano davanti alla poltrona dove esso dormicchia e si piazzano lì incantati dagli occhi mutevoli del gatto di casa, mentre il felino si domanda che diavolo vorrà quel nano. E il seno di lei! Dio mio, che seno aveva! Non che l’avesse mai visto bene bene; l’abbigliamento della donna era generalmente comodo ma casto e –parliamoci chiaro- lei non avrebbe neanche lontanamente preso in considerazione l’idea di spogliarsi davanti a lui, un giorno. Ma lui, benché fosse molto ben educato, ogni tanto trovava il modo e l’angolazione giusta per avere una discreta visuale. Gli sembrava bellissimo e scurissimo. L’ultimo seno che ricordava era bianco e grande, morbido e saporito. Certo non dimenticava quelle mammelle gonfie con cui aveva avuto lunga familiarità, ma stavolta era una cosa diversa. Ora lui provava sensazioni nuove, del tutto nuove, davvero mai provate prima, e nuovi impulsi verso il corpo di lei. Le poche volte che aveva abbracciato il corpo vasto della donna aveva avvertito una pace, una felicità, una voglia di rimanere così per sempre –stretti, indivisibili- che avrebbe inseguito per tutta la vita. Lui era innamorato in modo totale e sincero, anche se forse non era consapevole di esserlo e non sarebbe stato in grado di trovare le parole per descrivere la situazione. La bellissima donna mora gli voleva bene, gli voleva bene profondamente: ma non era innamorata di lui, non poteva esserlo, non lo sarebbe mai stata. Lui questo l’aveva confusamente capito e ne soffriva; ma non poteva farci proprio nulla, almeno così gli pareva. Del resto, lui aveva sei anni e lei era la sua maestra.

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