19 settembre 2007

Poetica delle scritte nei cessi

Voi sapete meglio di me che esistono determinate situazioni che si prestano particolarmente alla contemplazione, alla riflessione, alle produzione di idee nuove ed acute; bene, ieri stavo giusto profittando di una tale congiuntura, quando mi è balzata alla mente l’idea che le scritte che avevo di fronte non fossero -o non fossero soltanto- degli estemporanei schizzi figli del momento e del bisogno, bensì appartenessero ad un genere ben precisato nella forma e perfino nel pensiero. Ho visto insomma uno spirito dietro la porta chiusa e imbrattata dei bagni della stazione di Falconara Marittima; uno spirito cui i graffiti obbediscono, ai cui dettami si conformano.
Ad una prima analisi si ha a che fare con un ben curioso genere di letteratura, né si capisce se convenga riportarlo alla prosa o alla poesia: è l’angustia dello spazio o il capriccio del verso libero ad ordinare agli ignoti artisti (ignoti, beninteso, solo finché non si componga il numero di telefono generosamente osteso alla fine dei componimenti) di andare a capo ad un dato punto? Quanti enjambement terminano con un pompino! O viceversa, non saprei: quanti pompini terminano con un enjambement! In questi casi non posso che ringraziare Ungaretti e benedire il momento in cui egli ha nobilitato il verso libero.
Ad ogni modo, se è incerta e nebulosa l’appartenenza del genere, chiarissima è invece la sua cifra stilistica: un verismo crudo, un’aderenza alla realtà nei suoi rivoli più oscuri e sordidi, che lasciano a bocca aperta. Si capisce peraltro che proprio questo è l’auspicio dell’artista. Verga è citato più volte (neanche tanto nascostamente). Pure, dietro la parola nuda, evocante realtà altrettanto prive di orpelli e sovrastrutture, si indovina un superamento della tradizione oggettivista e distaccata di certa branca della narrativa: tutto assume una dimensione sì cruda, ma esagerata nelle dimensioni e negli attributi. Lo scrittore è sovente bellissimo, le sue membra si allungano e trasfigurano, le sue conoscenze divengono quelle dell’esperto linguista. Ora, è evidente che si tratti di una convenzione letteraria, non di una realtà tangibile: chi reputerebbe possibile che un Adone o un Ganimede ricerchi con tale sfacciata veemenza colui che in questo momento sta cacando chino sulla turca, il pene in mano per non pisciarsi nei calzoni? Poco credibile, ne converrete. Più probabile che quel tale chino e intento sulla buca si trovi di fronte non più all’umile porta di un cesso, ma ad un dazebao, un manifesto letterario, la pagina di una futura antologia ancora da concepire. In questo senso, la scritta in alto a destra Juve Stabia unica fede è la degna epigrafe di siffatta trattazione.
Poi ho smesso di pensare, mi sono pulito e sono uscito dal bagno. Davanti a me c’era un mare ed era tutto celeste.

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