23 settembre 2007

Il pranzo della domenica

Di buon'ora, squillò il telefono. La donna coi capelli arruffati si sollevò dalla tavola da stiro su cui era curva già da qualche ora e corse all'apparecchio.
Pronto, disse la donna. Buona giornata, mia cara signora, ruggì con educazione una voce bassa dalla pronuncia curiosa. Chi è che parla, mi scusi, domandò la donna. Sono io, Orso, non le avevo detto che sarei venuto a trovarla?, fece l'altro quasi sorpreso. Mi scusi, non comprendo, Non c'è nulla da comprendere, mia cara signora, le chiedo solo di ospitarmi alla sua tavola, se non è troppo disturbo. La donna guardò la cornetta, pensò ad uno scherzo, la riaccostò di nuovo e provò a chiarire l'equivoco. Ma l'altro aveva già riattaccato.
L'uomo in canottiera e mutande bianche apparve nella stanza. Chi era, amore (grattandosi il sedere)? Non lo so, non credo di aver capito. Hanno sbagliato numero (infilandosi un dito nel naso)? Penso di no, anzi mi conoscevano di certo, ma non ho ben capito. Che significa che non hai capito? cos'è che non avresti capito (esaminando i frutti della cerca. Comincia ad inquietarsi). Viene qualcuno a pranzo. Qualcuno chi (il tesoro è gettato ignominiosamente a terra)? Non lo so, qualcuno. Ma com'è possibile (spazientito)? Tu non mi aiuti mai, devo pensare a tutto, è ovvio che mi scordi qualcosa; ché poi, secondo me, sono i tuoi parenti. I parenti di Ferrara? Sì, quei maleducati. E ora? Ora che? Facciamo da mangiare per un ospite, dico? Facciamo? quando mai tu hai fatto qualcosa? semmai, io faccio da mangiare. Almeno io non mi scordo chi invito. Non ho invitato nessuno. Si sarà invitato da sé. E' quello che è successo. Vado a mettere del vino in frigo. Poi controlla che i bambini si lavino bene, io devo preparare il pranzo per cinque. Dove sono le mie camicie? Guarda nel mucchio della roba lavata. Ma non sono stirate! Stirala te, io ho da fare. Metto una polo. Se non la stiri mi incazzo. No, mi stanno meglio le polo. Senti, fai come vuoi, sappi solo che ci sono ospiti. Non sono ospiti miei. Smettila o ti tiro un piatto, uno dei tanti che ho pulito io.
Il dialogo andò avanti per un po', con pause dedicate a preparare la tavola e il pasto e alla cura personale e dei bambini, finché infine non suonarono alla porta. Il padrone di casa, stretto in una lucente polo rossa, andò ad aprire e si trovò dinanzi un gigantesco orso bruno, con un impeccabile cravattino, un gilet e un paio di boxer a righe bianche e blu. L'orso consegnò il soprabito che teneva sul braccio, uno spolverino giallo, poi entrò in cucina e cercò con lo sguardo la padrona di casa. Con un sorriso che mise in mostra le zanne bavose, l'orso porse alla donna un magnifico mazzo di fiori; poi si produsse in un ampio inchino ed uscì dalla stanza. L'uomo lo fece accomodare in salotto e gli offrì un aperitivo. La donna rimase a bocca aperta e non si peritò neanche di trovare un vaso per i fiori (e dire che era una massaia esperta). Un simile stupore riempì i visi dei bambini alla vista dell'ospite; il quale, d'altra parte, si dimostrò ancora una volta impeccabile, distribuendo ai piccoli carezze a zampa aperta e caramelle al limone tratte da un taschino.
Il pranzo che seguì fu assai piacevole; l'orso mostrò il suo gradimento per il cibo grugnendo e dondolando il testone. Più tardi, dopo il dolce e il caffè, il plantigrado si intrattenne con i bambini, aiutandoli con i compiti di matematica. Infine, una volta terminata la digestione, l'orso salutò la padrona di casa con un elegante baciamano, si congedò dai bambini donando loro del miele mezzo sciolto che nascondeva in una tasca, poi diede la zampona appiccicosa al padre di famiglia ed uscì, calzandosi un cappello floscio che nessuno gli aveva visto prima.
In seguito, la mamma si accorse che le soluzioni degli esercizi di matematica dei bimbi erano tutte sbagliate. In compenso, l'orso aveva disegnato sul bordo del quaderno a quadretti dei fiorellini molto eleganti ed un'ape che sembrava vera.

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