10 ottobre 2007

Ancora una storia di macchie

Mi sono accorta stamattina, mentre mi mettevo in ordine davanti allo specchio, di una strana macchia scura nell’incavo di una spalla, estesa fino alla testa della clavicola. Si tratterà senz’altro di un livido, giacché la mia pelle è sempre stata incredibilmente delicata e sensibile ad ogni genere di urto, anche minimo. Pure, è strano che non ricordi assolutamente di aver sbattuto contro qualcosa. D’altronde sono piuttosto distratta, Giorgio me lo dice sempre. Oggi avevo proprio voglia di incontrarlo, ma stasera cena fuori con la moglie e i figli: il più piccolo ha una recita con la scuola, vanno a mangiare una pizza dopo la rappresentazione. Comunque Giorgio mi ha detto che con la moglie sono ai ferri corti, ormai stanno rompendo. Presto l’avrò tutto per me.
E poi ho le mammelle gonfie all’inverosimile, sarà il premestruo.

Giorgio è venuto a trovarmi e si è stupito molto della metamorfosi che si è prodotta in me: mi ha trovato molto più passionale del solito ed anche molto più bella. Sicuramente mi starà adulando, anche se non è proprio da lui. Sostiene che la mia pelle è diventata più chiara, quasi bianca, e che questo mi dona molto. Purtroppo il livido sulla spalla si è allargato e scurito, e ne è apparso un altro sopra la natica destra. Ma a lui non importa, dunque non importa neanche a me. Il seno non accenna a diminuire: mentre lui mi toccava, ho avvertito un piacere maggiore ed una sensazione radicalmente nuova rispetto al solito. Ora sono sola sul divano e il reggiseno mi infastidisce. Voglio toglierlo e premere le mani bianche sul seno nudo. Ma non sono affatto eccitata; è un curioso languore, il mio, che confina con l’esigenza.

Questo fine settimana non ci vedremo: la moglie lo ha costretto a prenotare una stanza in un agriturismo in collina. Lui sopporta le imposizioni di lei in silenzio, ma lo fa solo per i bambini; non posso che rispettarlo per la sua pazienza e correttezza. Io però farei bene a preoccuparmi di queste strane macchie e di questo biancore sempre più evidente e spesso. Mi sembra che stia mutando il mio stesso viso, che si è allungato. Adesso vi campeggiano due occhi grandi che non sono i miei, occhi buoni e acquosi.

Il seno è sempre più gonfio e mi fa male. Le mie dita sembrano essersi accorciate e fatte più tozze, e io ho vergogna ad uscire di casa. Giorgio aveva intenzione di portarmi fuori per l’aperitivo, ma gli ho detto che forse è meglio se prendiamo qualcosa a casa mia. Non mi sento tranquilla.

E’ successo tutto in un momento: ero in bagno a massaggiarmi le mammelle sempre più indolenzite, quando uno schizzo bianco ha colpito la superficie dello specchio e io ho muggito di dolore e di sorpresa. Ho assaggiato il liquido che colava dal vetro e l’ho trovato buono, del buon latte tiepido e genuino, del sapore di quello che si compra fresco dai contadini. Ho vuotato le mammelle in un secchio. Sto finalmente meglio; soprattutto, in qualche maniera vaga e incomprensibile, mi sento felice.

Giorgio non verrà. Spero che non venga più, però ho bisogno delle sue mani.

Giorgio è venuto e mi ha portato via. Mi ha consegnato ad un uomo che non conosco, un uomo che mi ha esaminato minuziosamente con lo sguardo, mi ha dato una pacca sulla schiena e poi si è seduto vicino a me. Ha cominciato a toccarmi i seni mentre Giorgio era lì che guardava. Io mi sono sentita morire e avrei voluto chiedergli scusa: per le macchie nere, per la mia schiena pesante che mi inchioda a terra, per il fatto che mi piaccia così tanto il contatto di queste mani estranee. Avrei voluto chiedergli scusa, ma non riesco più a parlare. Giorgio allora si è girato e se ne è andato. I miei grandi occhi di mucca l’hanno seguito fino alla porta.

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