27 febbraio 2008

Il romagnolario di Misano

Si dice che il fumo fa male, e con ragione; ma che perfino andare a comprare le sigarette potesse esporre a tali pericoli, questo, beh, Pasini Eldes non poteva certo sospettarlo. La casa del Pasini, sita nel pittoresco borgo di Tredozio (Forlì-Cesena) non dista che pochi passi dal bar tabacchi di Agnolini Wimer; eppure quello spazio ristretto è bastato ad un gruppo di esperti delinquenti senza scrupoli, montati su potenti bicilindriche giapponesi, che hanno affiancato il Pasini, lo hanno circondato come in una tonnara, lo hanno stordito con colpi aggraziati e potenti per poi caricarlo su di un furgone coi vetri oscurati.
Mengozzi Edler, di Ravenna, non ha mai neppure avuto il vizio del fumo; anzi, proprio la sua sana abitudine di correre sul lungomare cittadino -ogni giorno di buon'ora- gli ha fatto incontrare quei grigi criminali che si sono frapposti tra lui e la città. L'atletico Mengozzi, vistasi perduta la via dell'antica capitale degli Esarchi, ha cercato la salvezza in mare, ma i suoi ignoti persecutori erano anche lì, vispi, vigorosi, nuotatori provetti.
Pulizzi Manet lo hanno preso mentre cercava funghi non distante da Borgo Tossignano; Balzani Ighli giocava in porta col Cesenatico, i suoi erano in attacco, quando è iniziato il contropiede si sono accorti che non c'era più il portiere; Montini Yohan è scomparso a Faenza, nel suo podere, mentre passava in rivista i suoi puzzolenti alberi da frutto; Cignani Paris è sparito in discoteca, senza neanche consumare, Arcieri Feder in barca, Bossini Karel non è mai uscito dal suo bagno. E se chiedete alle autorità, vi diranno che sono svaniti nel nulla.
Ma non è vero.
Karel, Feder, Paris, Yohan, Ighli e gli altri sono ancora in Romagna, in un edificio scrostato nel comune di Misano che reca sul portone la scritta ingannatoria "Gruppo di autocoscienza maschile H. Hesse" e dove comprensibilmente non entra mai nessuno. Lì dentro, al posto di libri noiosi e disprezzo per il calcio, c'è invece una grande pista di terra battuta, circondata da tribune di legno; su un lato, la pista è chiusa da un sipario, dietro al quale si trovano le gabbie dei romagnoli. Due volte al giorno, i delfini secondini portano loro squacquerone e acqua salata, null'altro; poi, a turno, li conducono fuori per lo spettacolo serale o per le estenuanti prove dei vari numeri. Davanti agli spalti gremiti, i romagnoli saltano nel cerchio, baciano gli animatori, portano in groppa dei piccoli delfini; se lo fanno bene, ricevono in premio una bella piadina e battono le mani, entusiasti come ai tempi del Cesena di Piraccini. Allora il pubblico trilla, eccitato e commosso dalla bravura di quei ragazzi; ma, tornando a casa, magari qualche cetaceo più sensibile si chiederà quanta tristezza, quante famiglie spezzate, quanto sradicamento dal proprio ambiente ci sia dietro l'apparenza affascinante di quel luogo di divertimento. Forse costui arriverà perfino a domandarsi se davvero la risata di una famiglia, venuta a svagarsi su quelle tribune, giustifica tanto dolore.

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