07 dicembre 2006

Giorni di fiaba

Oggi non avevamo nulla di particolare da fare, così abbiamo preso Vladimir Propp e l'abbiamo catapultato nella realtà quotidiana. Per cui i personaggi della fiaba di oggi sono: appunto Vladimir Propp (V), un Tapino qualsivoglia (Tq), la Donna del tapino (Ddt). Ma passiamo alla favola. Tra l'altro le sigle neanche le useremo, ma ormai le abbiamo messe. Leggiamo 'sta cacchio di storia, va'.

C'era tanto tanto tempo fa, potremmo dire a Mondavio (PU) ma non lo diciamo perché nelle fiabe l'ambientazione dev'essere vaga e mai specificata, un tipo che chiameremo Giovannino lo Scemo [in questa fiaba, eroe. Nella vita, un testa di cazzo come tanti altri], benché in effetti si chiami Mauro Fanesi. Un bel giorno i primi raggi del solicello entravano nella sua stanzetta, quando Giovannino stirandosi e bestemmiando si avvicinò all'armadio per prenderne i vestiti.
"Chi madonna è!", urlò aprendo le ante di legno. Dentro l'armadio c'era un signore distinto con gli occhiali.
"Salve, fratellino! Sono Vladimir Propp [aiutante]".
"(A parte chi cazzo sei), chi t'ha fatto entrare?".
"Non lo so". Il linguista sgranò gli occhi chiari. "C'è di mezzo un blog, credo, ma io sono morto nel 1970, non è che me intenda tanto. Ce l'hai un soldino, fratellino? Non mangio da un sacco di tempo".
"Non ho capito un cacchio, però vieni al bar con me, tanto neanche mi fa pagare".
Uscirono in strada e si misero in marcia di buona lena. Cammina cammina, giunsero alle porte della città. Giovannino e Vladimir Propp entrarono nel baretto. Subito apparve ai loro occhi una donna di una bellezza tale che non si può dire né raccontare: era Maria, la figlia dell'oste [principessa]. Giovannino non fa in tempo ad ordinare: subito ella gli porge le tazze, la vodka e l'idromele. Un banchetto come non si era visto né sentito! Giovannino si bagna i baffi; subito Maria gli porge un fazzoletto. Finisce un pasticcino; ne appaiono altri due! Propp e Giovannino mangiarono a sazietà. Il resto dei clienti mormora e borbotta; l'oste non apprezza quel giovanotto impettito, ma a sua figlia piace: Bisognerà rassegnarsi!, pensa tra sé Arduino Schiavoni [padre della principessa]!
Ma il diavoletto ci mise lo zampino: al bancone del bar c'è Ivano Pandolfi [anti-eroe], che è innamorato di Maria; ma lei ha occhi solo per Giovannino. Da un po' va pensando a come staccarli. Ora gli è venuta l'idea! Guarda l'oste e capisce al volo i suoi pensieri. Si fa più vicino e gli domanda:
"Che ti angustia, Arduino? Non hai una bella cera, parola mia!".
"Chel testa de cas me s'magna nigo'*!", risponde l'oste, mentre accenna col volto a Giovannino.
"Per adesso, è poco male: si papperà i tuoi tramezzini, al più. Ma se sposa Maria, ti mangerà la casa!".
Il barista annuì gravemente. Pandolfi vide che il discorso era andato a segno; volle continuare:
"Se invece lo mandi via ora, tua figlia piangerà un po'; ma poi troverà uno migliore, che abbia rispetto per il tuo lavoro e venga nella tua famiglia per aggiungere, non per togliere".
Schiavoni era lento a capire, ma una volta capito agiva subito: non se lo fa dire due volte, prende Giovannino per le bretelle e lo lancia fuori dal locale, con la bocca ancora sporca di marmellata di more [sequenza 1 dello schema di Propp: l'allontanamento]; Propp fa appena in tempo a prendere un krapfen e ad evitare una pedata.
Così Giovannino si ritrovò in strada, sbigottito. Schiavoni stava sulla porta, e li minacciava:
"S'arveni' chi, te e st'altro ciambott', ve dag' tante de cle sberle che n've ne fe' n'idea!**" [sequenza 2: divieto].
Dentro il bar, intanto, il perfido Pandolfi festeggiava ordinando un camparino. Maria gli avrebbe riempito il bicchiere di fiele, avesse potuto; invece si limitò a sputarci dentro.
La sera, Giovannino si introdusse di soppiatto in camera di Maria [3: infrazione], dove anche col caldo ardeva sempre il focherello (quello di Maria stessa, in mancanza d'altro). I due giovani si scaldarono un po'. Rimasero poi a guardarsi negli occhi scuri come fanno gli innamorati, quando sulla finestra si posa il nero corvaccio; l'ha mandato il malvagio Pandolfi, che era mago e incantatore e aveva anche la patente della provincia per andare a cercare i funghi [4: investigazione]. Corvo Corvaccio vede la scena e vola da Pandolfi; bussa col becco alla finestra.
"Sei tu, Corvo?".
"Son io".
"Hai visto qualcosa?".
"Ho visto tutto, padroncino". E Corvaccio si mise a raccontare per filo e per segno [5: delazione]. Subito il tristo Pandolfi va dall'oste, gli racconta tutto. Com'è come non è, uno prende lo schioppo, l'altro afferra un bastone, sono già alla porta della stanza di Maria. L'oste bussa due colpi robusti:
"Apri, figlia! Il bastoncino è ansioso di pestare, lo schioppo vuole sparare, stavolta Giovannino non se la può svignare!".
La ragazza non sa che fare: la finestra è troppo alta, altre porte non ce ne sono! Ma esce Propp da un cantuccio:
"Presto!", dice a Giovannino, "metti questa grisaglia, prendi questa copia di Morfologia della fiaba [14: conseguimento del mezzo magico]. Vestiti da studiosi non ci riconosceranno".
"Ma tu eri qui anche prima?".
"Bando alle ciance, vèstiti".
Intanto l'oste bussa altre due volte:
"Apri, Maria, dacci Giovannino! Abbiamo portato il pane e il sale per accoglierlo in casa".
"Padre, entrate pure, ma Giovannino non è qui!".
Che storia era mai quella? L'oste e il pessimo Pandolfi entrano nella stanzetta, ma di Giovannino non c'è traccia: ci sono solo due insigni linguisti della scuola di Leningrado. Pandolfi si gratta la testa: eppure Corvaccio gli aveva giurato di averlo visto lì! Vorrà dire che gli avrebbe tirato il collo, all'uccellaccio mentitore.
Grazie al trucco di Propp, per quella volta i due la passarono liscia; però il giorno dopo tocca loro di andare a fare colazione in un altro bar [15: trasferimento dell'eroe]. Giovannino se ne sta lì mogio mogio, con i gomiti sul bancone. Pensa alla sua Maria, quando il barista maldestro gli rovescia addosso un cappuccino bollente [17: marchiatura dell'eroe]. Giovannino imprecò e imprecò fino ad addensare l'aria, poi si rivolse all'oste e gli disse:
"E sta' più attento, ortodosso! Oddio, poco male, facciamo che per oggi non ti pago e finisce qui".
E si rimise in tasca gli spiccioli che aveva già in mano. Poi si girò verso Propp, col viso triste.
"Che ti angustia, fratellino?", domanda questi, la bocca piena di mollica e maionese.
"La vedo nera! Il padre di Maria ha detto che se non comincio a portare a casa qualche soldino non potrò più rivedere la mia bella; già Pandolfi la insidia con le sue arti magiche".
"E non puoi trovarti un lavoro, invece di ciondolare tutto il giorno [25: all'eroe è imposto un compito difficile]?".
"La fai facile, tu: sono nato con le braccia stanche, lavori pesanti non posso farne, per stare seduto e guadagnare mi chiedono un curriculum: e io non ho mai fatto un cazzo tutta la vita, non so proprio che dovrei scriverci!".
Propp lo benedisse e sorrise.
"E' tutto qui il problema, fratellino? Ci penso io: modestamente, di fiabe me ne intendo".
Propp si mise subito al lavoro. Scelse le parole migliori, quelle dolci che sollucherassero e quelle fatate che convincessero i lettori. Tempo un giorno e sono già in fila alle poste; passa una settimana, e Giovannino si reca trionfante al bar di Schiavoni. Quello lo affronta sulla porta, lo sguardo truce, in mano una scopa di saggina:
"Co' voi?".
"Babbo, babbino, mi hanno assunto da Bikkembergs [26: esecuzione del compito]. 2500 euro al mese, buone prospettive di carriera, e non fo nulla dalla mattina alla sera! Solo cerchi dove ci sono già le righe e righe dove già c'erano i cerchi".
L'oste si illuminò.
"Llo' bocca, fiol', co' spetti?***". Poi si rivolse al nero Pandolfi, che era allungato su uno sgabello per ghermire uno sguardo a Maria:"E te si bruto come un mort', n'te se pol propio vede. Va' fora, camina, senò te dag i casot' a do a do finché en diventne dispari**** [30: punizione dell'antagonista]".
Così Giovannino da allora fu di nuovo il benvenuto nel bar e in casa di Maria; di Pandolfi non si sentì più parlare; Propp passava le sue giornate al belvedere, leggendo libri ponderosi, guardando le ragazze e mangiando kissel. Dopo poco organizzarono un matrimonio sontuoso [31: nozze dell'eroe]: la birra e l'idromele scorsero a fiumi, il mangiare era troppo per un esercito. Fui invitato anch'io, ma a Corinaldo ho sbagliato strada e quando sono arrivato avevano finito quasi tutto.
Chiarimento che a me sembrava superfluo ma invece pare che sia richiesto: ...e vissero felici e contenti.

*trad.: quello screanzato si mangia tutto.
**: doveste tornare qui, tu e quest'altro perdigiorno, vi do tanti di quegli schiaffi che non potete averne idea.
***: e allora entra, figliolo, che aspetti?.
****: e tu sei brutto come un morto, non ti si può guardare. Esci, veloce, sennò ti prendo a cazzotti a due a due finché non diventano dispari.

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