13 ottobre 2006

Nuove dispense di Storia Moderna

Ero lì che sedevo e miravo interminati spazi di là da quella, quando qualcuno si mise a lanciare dei sassolini contro la mia finestra. Trasecolai. Chi poteva essere? Forse un malintenzionato? Forse il governo Prodi? Nel dubbio non aprii, perché il direttore de Il Resto del Carlino mi aveva messo chiaramente in guardia contro entrambi questi pericoli nel suo ultimo editoriale, "Lo scandalo della tassazione e la minaccia dei negri". Mi congratulai mentalmente con il quotidiano che così bene protegge e consiglia noi benpensanti, e mi rimisi giù a leggere le ricette di cucina di Gilles de Rais (o Retz, all'epoca le lingue romanze erano ancora un po' indefinite). Per cui stavo lì tutto preso a trafficare con la noce moscata e l'evocazione di un demone, quando suonarono alla porta. Per fortuna ho il videocitofono, ed ebbi l'opportunità di osservare bene il tipo losco che ciondolava davanti all'uscio. Le Adidas Samba nere, i Levis 501 bianchi risvoltati, l'harrington scuro della Fred Perry, tutto concorreva a dargli l'aspetto classico di uno skinhead. Tuttavia, la folta barba chiara chiara, quasi una nuvola di punti se le immagini statistiche vi sono familiari (sennò, fate conto che fosse una porzione di zucchero filato), mi indicò che si trattava senza dubbio di Leone Tolstoj o di Papa Gregorio XIII, o perlomeno dei loro fantasmi. Scartai subito il primo, che com'è noto non credeva in Dio e dunque è all'Inferno a leggere Baricco mentre il Signore lo schernisce, e feci entrare l'onorata salma del Pontefice. Mi astenni tuttavia dal baciargli le Adidas, per una questione di etichetta che non starò a spiegarvi. Gregorio XIII si guardò intorno, intimorito. Era evidente che c'era qualcosa che gli toglieva il sonno. Eterno.
Si gettò su una poltrona e cominciò a parlare.
"E così, ti interessi di Età Moderna".
Provò ad accarezzare il gatto, ma la mia bestia ha da sempre un rapporto difficile con gli skin: si divincolò e fuggì, restando ad osservare quello strano vecchio dalla ringhiera delle scale che portano di sotto.
"Già", feci io, "all'inizio volevo fare Scienze del Modellismo a Camerino, poi mi sono accorto che la colla mi rimaneva sempre sui polpastrelli e me li screpolava. E ho mani troppo belle per rovinarle montando la mitragliatrice di un triplano Fokker".
"Sì, va bè, questi vaneggiamenti da finocchio non mi interessano. Lo sai che giorno è oggi?"
"Il 13 ottobre".
"Lo sai che nel 1582 questo giorno non c'è stato? Pensi di essere migliore di Tonino Carotone?". Ora il suo tono era divenuto sprezzante.
Non sapevo a quale domanda rispondere prima, dunque rimasi in silenzio e attesi. Lo scioglimento dell'arcano non si fece attendere: Ugo Buoncompagni da Bologna, meglio conosciuto con lo streetname di Gregorio XIII, fece scorrere la zip dell'harrington, mostrando un grosso malloppone di carta. Sulle prime non lo riconobbi. Quando però lo svolse e stirò ben bene, capii che si trattava del calendario 2007 di Elisabetta Gregoraci. Tutto il resto però non lo compresi.
"Santità", lo implorai, "ho un paio di vinili dei Madness e una maglietta del Man City che ritengo le piacerebbero; ma per il resto non so proprio in che maniera io possa esserle utile". Volevo anche dire "Oi!" oppure "Amen", ma temevo di risultare artificiale ed adulatorio.
Mi guardò in tralice, stupito o spazientito che fosse.
"Questa donna porta il mio nome, lo capisci questo?".
"No, Santo Padre morto, lei si sbaglia*: i cognomi italiani sono normalizzati da secoli, ormai, e supporre una relazione tra il suo nome ed un cognome simile è del tutto arbitrario e antistorico". Ecco il mio trionfo, alfine!
"Così tu sostieni che costei non mi manca di rispetto col mostrare le sue grazie anche nei giorni che, a suo tempo, espulsi dal calendario cristiano?".
"Elisabetta Gregoraci non ha mai mancato di rispetto a nessuno. Ella è bella e santa e casta e virginale, o almeno questo hanno detto ieri a Studio Aperto in un'edizione straordinaria".
"Allora ti chiedo scusa, Figlio Mio, e anzi ti ringrazio per la pazienza che hai avuto nell'ascoltare e consigliare questo povero vecchio, per di più deceduto da più di quattro secoli". Si rizzò in piedi con l'agilità di un seminarista inseguito da un sacerdote del New England, e fece per porgermi la mano. Io mi avvicinai per dargli la mia, ma lui prese il mio polso, mi strinse il braccio dietro la schiena e mi atterrò con una ginocchiata ai garretti. Poi frugò nella mia libreria e se ne andò con un paio di volumi, baldanzoso per quella bravata. Fuori lo attendevano Pio V e Urbano VIII in una Golf metallizzata. Ufficialmente dovevano riaccompagnarlo in Paradiso, ma le vibrazioni del subwoofer mi facevano pensare che di tornare a casa se ne sarebbe parlato solo alle prime luci dell'alba, ben dopo la fine del concerto di Rosalia de Souza. Io mi rialzai, dolorante, e cercai di capire che roba mi avesse portato via il Papa (che pure ebbe l'indiscusso merito di riordinare il calendario giuliano).
Mancavano solo "L'annuario del calcio dilettantistico marchigiano 2002" e "La scopa del sistema" di David Foster Wallace. In pratica mi aveva fatto spazio in libreria eliminando un po' di merda che io non mi decidevo a buttar via. La Chiesa Cattolica agisce sempre per il bene, aveva proprio ragione Stepinac.

*Essendo vissuto prima di Pio IX, può farlo.

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