Questioni irrisolte nel calcio dilettantistico marchigiano
Il magazziniere della Vigor Senigallia quella mattina si svegliò, come d'altronde si svegliava tutte le mattina, e andò allo stadio, e anche questo lo faceva ogni mattina, tranne quando non c'era allenamento né partite; andò allo stadio, e trovò l'erba sconvolta e le zolle rivoltate. In mezzo al prato, vide un piccolo trattore arancione che trascinava un erpice azzurro pallido; il magazziniere capì subito quel che stava succedendo. L'uomo sul trattore si chiamava Quinto Pacenti e aveva una ventina d'ettari di terra tra Sant'Angelo e Montemarciano, ma questo il magazziniere non lo sapeva.
-Avete seminato?
-Ho seminato. Non c'era molta terra, è bastata una passata.
-Questo è lo stadio della Vigor Senigallia.
-Ho piantato l'erba medica.
-Questo è lo stadio della Vigor Senigallia.
-Ma un bel campo piano, lasciato a prato basso, io dico, non vale la pena. Non ce ne sono molti di campi così piani e regolari, da noi.
-Ma non è un campo. È lo stadio comunale di Senigallia, ci gioca la Vigor.
-Eh, ma io ho le bestie.
Tra i tanti problemi che affliggono il calcio moderno, nelle Marche uno dei più gravi e sentiti è sicuramente la possibilità che qualcuno venga a piantare l'erba medica nei campi sportivi. A volte, ad essere onesti, anche i girasoli. I vertici della Belvederese, ad esempio, vivono nel terrore che un giorno il loro bel campo sportivo sia occupato dai contadini delle colline intorno. Già una volta hanno provato ad introdurre un maiale nello stanzino dell'arbitro, perché secondo gli allevatori del luogo era uno stipo perfetto, e c'è voluto del bello e del buono per convincere il signor Pambianchi di Pesaro a non dare partita vinta alla Real Metauro. Quando poi si perde una partita, ogni volta si presentano ai cancelli del campo due o tre contadini, e hanno già i sacchi di sementi in mano: domandano se adesso che la squadra ha perso il campo le serve ancora, o se invece possono entrare e dissodare.
Ma non si può andare avanti così. Non si può continuare a vedere in tribuna, ogni volta che c'è una partita, un numero più o meno elevato di spettatori e poi, a parte, riuniti in un punto favorevole, un gruppetto di anziani col cappello che discutono della resa eventuale del terreno; non è possibile che nonni e zii mandino i nipoti nelle giovanili soltanto per farsi recapitare un pugno di terra, e vedere se è argillosa o se invece ci si può cavare qualcosa di buono.
Il presidente del San Marcello, in piedi nell'area di rigore deserta dopo un allenamento, pensa che se ne andrà quanto prima in Ancona, a protestare contro i fastidi arrecati dagli agricoltori davanti ai vertici dello sport regionale; poi alza lo sguardo, e su una piaggia poco distante vede Loris Piersantelli, che ha una vanga in spalla e lo sguardo fisso sul prato del campo sportivo. Così il presidente finisce per impaurirsi, e decide che neanche oggi lascerà incustodito il prato.
categorie: lonely-marken, raccontini
-Avete seminato?
-Ho seminato. Non c'era molta terra, è bastata una passata.
-Questo è lo stadio della Vigor Senigallia.
-Ho piantato l'erba medica.
-Questo è lo stadio della Vigor Senigallia.
-Ma un bel campo piano, lasciato a prato basso, io dico, non vale la pena. Non ce ne sono molti di campi così piani e regolari, da noi.
-Ma non è un campo. È lo stadio comunale di Senigallia, ci gioca la Vigor.
-Eh, ma io ho le bestie.
Tra i tanti problemi che affliggono il calcio moderno, nelle Marche uno dei più gravi e sentiti è sicuramente la possibilità che qualcuno venga a piantare l'erba medica nei campi sportivi. A volte, ad essere onesti, anche i girasoli. I vertici della Belvederese, ad esempio, vivono nel terrore che un giorno il loro bel campo sportivo sia occupato dai contadini delle colline intorno. Già una volta hanno provato ad introdurre un maiale nello stanzino dell'arbitro, perché secondo gli allevatori del luogo era uno stipo perfetto, e c'è voluto del bello e del buono per convincere il signor Pambianchi di Pesaro a non dare partita vinta alla Real Metauro. Quando poi si perde una partita, ogni volta si presentano ai cancelli del campo due o tre contadini, e hanno già i sacchi di sementi in mano: domandano se adesso che la squadra ha perso il campo le serve ancora, o se invece possono entrare e dissodare.
Ma non si può andare avanti così. Non si può continuare a vedere in tribuna, ogni volta che c'è una partita, un numero più o meno elevato di spettatori e poi, a parte, riuniti in un punto favorevole, un gruppetto di anziani col cappello che discutono della resa eventuale del terreno; non è possibile che nonni e zii mandino i nipoti nelle giovanili soltanto per farsi recapitare un pugno di terra, e vedere se è argillosa o se invece ci si può cavare qualcosa di buono.
Il presidente del San Marcello, in piedi nell'area di rigore deserta dopo un allenamento, pensa che se ne andrà quanto prima in Ancona, a protestare contro i fastidi arrecati dagli agricoltori davanti ai vertici dello sport regionale; poi alza lo sguardo, e su una piaggia poco distante vede Loris Piersantelli, che ha una vanga in spalla e lo sguardo fisso sul prato del campo sportivo. Così il presidente finisce per impaurirsi, e decide che neanche oggi lascerà incustodito il prato.
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