16 giugno 2007

Tempo di bilanci

Non ho più voglia di fare un cazzo. Per come la vedo io, nella mia vita ho realizzato abbastanza. Ho defecato in un archivio di stato montenegrino, voglio dire, non è cosa che capiti a tutti nell’arco di un’esistenza. Ne parlavo giusto ieri con un estraneo dallo sguardo inquietante, mentre ero in fila alle poste: lui mi ha dato ragione storcendo la bocca e mugugnando, poi si è scusato con me ed ha ricominciato a parlare con il suo ingombrante amico immaginario, l’orso Mardonio. Rinfrancato dalle parole del tizio alle poste, mi sono convinto che anche io valgo e ho telefonato all’Inps per sapere se si può avere una pensione a ventisei anni senza aver mai lavorato. Sono stati corretti, però un po’ bruschi: mi hanno chiesto senz’altro perché diamine avessi aspettato tutto questo tempo per accorgermi di non essere atto alla fatica. Queste sono pratiche che si devono compilare per tempo; a diciassette, diciotto, massimo vent’anni è bene che uno prenda atto della propria condizione di infingardo e si appresti a vivere i successivi cinquanta-sessanta anni sulle spalle della collettività. Gli impiegati si sono perciò sentiti di escludere che la mia domanda tanto tardiva potesse giungere a buon fine. Tuttavia, mi hanno detto, c’è sempre la possibilità del vitalizio per particolari meriti verso lo Stato e la Nazione. Lì mi sono incuriosito. Cavolo, se non lo danno a me che ho fatto vincere all’Italia una Coppa del Mondo*, non vedo proprio a chi assegnarlo, ‘sto cacchio di vitalizio!
Dopo qualche giorno mi sono giunti a casa i fogli per l’inoltro della pratica. Sono sceso in infradito e maglietta del Gladbach, ho ringraziato il postino commentando favorevolmente le prestazioni sessuali della sua signora, poi sono risalito e mi sono seduto alla scrivania ad esaminare le carte. Purtroppo in tv davano “Boomer il cane intelligente”, per cui non avevo il tempo di leggere tutte quelle righe strette e irte di numeri. Ho buttato giù un po’ di crocette a caso, poi ho infilato il plico –non affrancato- sotto la porta del mio vicino di casa vietnamita e l’ho pregato di recarsi a spedire il tutto. In cambio gli ho promesso che non avrei mai più messo La cavalcata delle Valchirie a tutto volume quando la domenica si riunisce a mangiare riso e vincesgrassi coi parenti e che allo stesso modo non avrei imitato con la bocca il rumore degli elicotteri che mitragliano gli innocenti. Si è trattato di un compromesso doloroso ma necessario; d’altronde credo che non vi terrò fede, ora che ci penso meglio.
Ieri, infine, mi è arrivata la comunicazione dal Ministero del Tesoro che in quanto combattente garibaldino a Calatafimi, membro fondatore dell’Udeur, maratonomaco, poeta elegiaco angolano, volontario della divisione Charlemagne delle SS e orfano di prozio ho diritto a 1830 euro mensili. Per fortuna viviamo ancora in un Paese civile che non ha dimenticato il valore della gratitudine e che sa premiare i suoi figli più onorevoli e generosi! Alla faccia delle Cassandre e dei giornalisti di Report. Ho passato il resto della giornata nudo ed immobile sul divano, congratulandomi con la nobile Repubblica Italiana e con me stesso che ne sono cittadino illustre.
E poi ho deciso di scendere in piazza contro la riforma delle pensioni di cui si fa un gran parlare. I diritti acquisiti non si toccano, porca merda.

*Stando seduto al medesimo posto con la medesima polo a righe nella medesima birreria di Norimberga sia il giorno di Germania-Italia 0-2 che quello di (omissis)-Italia 4-6.

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