13 dicembre 2010

La scuola letteraria marchigiana

Mi piacerebbe un giorno fondare quella che poi, nei libri di scuola su cui si formeranno le prossime generazioni, verrà ricordata come la scuola letteraria marchigiana; allo stesso modo, mi piacerebbe possedere un ombrello multicolore e aprirlo per ripararmi dalla pioggia che fredda e insistente picchietta le Asturie. A ben vedere, non c'è alcun rapporto logico a legare questi due desideri; d'altra parte, il rifiuto della millenaria dittatura della logica sulla letteratura e sulla sintassi sarà uno dei punti fondanti della mia scuola, e uno dei motivi per cui la critica impiegherà del tempo ad accettare le mie rivoluzioni.
Perché mai, ad esempio, Ruben? No. E così via; allora sì che saremo liberi, quando potremo disseminare le nostre pagine di personaggi mai descritti in precedenza, sortiti all'improvviso da una piega del racconto e prontamente riassorbiti, nel breve volgere di un paio di vicende sconnesse e maldescritte.
Io, inclito ideologo della scuola letteraria marchigiana, guadagnerò pertanto per il mio coraggio visionario un posto d'onore nelle antologie, mentre i somari del futuro storpieranno il mio nome in vari modi e per questo, sempre in futuro, riceveranno voti giustamente scadenti e arrossiranno alla cattedra davanti al sarcasmo dei professori; poi, tornati al posto, proveranno a maledirmi, ma in quanto somari continueranno a ignorarmi e le loro maledizioni non disturberanno il mio sonno.
Io, per allora, sarò morto e sepolto e giacerò placido e glorioso sotto un letto di non-ti-scordar-di-me, metafora anche troppo banale della necessità di non-scordarsi-di-me, la cui infelice ideazione scarico totalmente sui posteri; giovani e meno giovani si daranno il cambio sulla mia tomba, piangendo la mia dipartita, e gli amanti delle arti vi lasceranno le loro corone.
Questo, ipoteticamente, può farmi piacere; ma pensiamo a un affare per volta. Dicevo infatti: vorrei che un giorno nascesse attorno alla mia figura - al momento insignificante - una scuola di letteratura; di questa scuola, per meriti che al momento non posso vantare ma che evidentemente in futuro saranno chiari, io dovrei essere il fulcro e il perno. È evidente perciò che devo iniziare a studiare, a produrre, a mostrarmi degno di un tale compito; ma soprattutto mi serve un ombrello multicolore e un qualche pretesto per recarmi nelle Asturie a fissare il cielo che, da quelle parti, non tarda mai a riempirsi di nuvole.

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