27 ottobre 2006

I dolori del giovane Werder

Ero lì che rosicchiavo l'orizzonte da Oriente ad Occidente, quando fui risucchiato nel sogno di un uomo. Sentii il rumore molle ed inquietante del subconscio che si apriva sotto i miei piedi, ed un attimo dopo stavo giocando Werder Brema-Juventus di Coppa Intercontinentale. Seppi che era proprio la Coppa Intercontinentale prima di tutto perché lo seppi e basta, perché nei sogni le cose si sanno e basta, poi perché gli spalti erano pieni di musi gialli. E non poteva essere la J-League, la Juventus non gioca la J-League. Poi c'era pure la Coppa a bordo campo, e Rui Barros che stava cercando di sfuggire alla mia disattenta marcatura (immaginate che un istante prima ero nella mia vita, con i miei affetti, le mie sicurezze e le mie infradito da casa schwarz-rot-gelb. Un attimo dopo avevo la maglia del Werder Brema, ma non quella orrenda che hanno ora; quella fine anni '80 a dominante bianca e inserti verdi, e stavo lottando per il traguardo più prestigioso della vita di un calciatore di club. Traguardo per il quale un calciatore spende e consacra una vita di allenamenti, rinunce, lontananze da casa; e io invece avevo ottenuto la chance di giocarmela solo cadendo nella testa di un uomo. Decisamente, sono un tipo fortunato). Allora strattonai velatamente il piccolo portoghese e gli misi la palla in fallo laterale. Voglio dire, ragazzi: va bene che sono in un mondo che non è il mio, va bene che non so come uscirne, va bene anche che l'impatto è stato devastante, ma resto un terzino coi controcoglioni e non posso farmi superare così. Con quello che mi pagano, poi. Cioè, non mi pagano, però se fossi davvero un calciatore professionista il Werder mi pagherebbe profumatamente. In marchi tedeschi fine anni '80, poi. Dunque, in termini ipotetici, sono in debito con la società. E qui è tutto così onirico che mi conviene impegnarmi, non so quando mi ricapiteranno queste atmosfere rosse e questi musi gialli, con quel che costa un biglietto per il Giappone. In ogni caso, mentre Galia si apprestava a battere la rimessa, pensavo e pensavo: perché tutto questo? Perché la Juve 1989/'90? Perché due squadre europee, se questa è la Coppa Intercontinentale? Oltretutto a me non mi frega nulla né della Juve né del Werder. Io tifo per il Club, al massimo. Ma non c'era un bel sogno di donne nude in cui* cadere? Poi la palla filtra in mezzo e mi tocca rinviarla forte, senza guardare, perché è vero che l'attacco della Juve all'epoca faceva cagare, però non si sa mai cosa succede. La palla è rotonda, i giocatori sentono il dodicesimo uomo, l'arbitro soffre la sudditanza psicologica, ci sono decisamente troppe variabili che non posso controllare. Non lo so, sento il sudore e la tensione e mi dimentico che devo tornare. Prima vinco, poi dopo magari torno. Cioè, voglio tornare, ma ci penseremo più tardi: adesso devo rimanere qui, godere l'odore dell'erba e dell'adrenalina, se possibile tirare una botta incredibile sotto il sette che faccia contenta tutta la città-Land di Brema e una certa parte della Bassa Sassonia. Ma questo sarebbe chiedere troppo, pensa al tuo uomo che non deve scapparti e ad aspirare l'ultimo rito sacro che la società occidentale contempli, il calcio**. Vincere, godere, pensare. Non è un anticlimax, se ci pensate bene, e Zavarov defilato sulla sinistra mi rifiuto di considerarlo pericoloso. Tre passi avanti per chiuderlo, lo sapevo che si sarebbe girato e l'avrebbe data indietro. Buffo, no? Che ore o minuti fa, non lo so neanche più, ero così lontano da tutto questo e adesso questo è tutta la mia vita. D'altronde, normale sia così. Adesso mi tocca chiedere la palla e provare a fare bella figura contro De Agostini. Un ottimo terzino sinistro, di quei friulani che una volta affollavano la serie A, e in più io mi sento inadeguato a chiedere palla a gente che parla il tedesco così bene. Non so neanche più come si dica triangolo, ma se è bravo lo capisce. Non l'ha capito. La palla se ne va a loro ed io ho di nuovo tempo di riflettere, ma adesso mi va solo di guardare le tribune. Cerco un tabellone, vorrei sapere quanto stiamo, ma la mia testa è rapita da un rumore che non viene dal campo e mi ritrovo al Quadraro, con gli occhi pieni di luce e una curiosità. Non lo so se ho vinto. Domani vado alle poste e chiedo se nel 1990 è arrivato un pacco per me a forma di Coppa Intercontinentale.

*in cui si riferisce al sogno o alle donne nude?
**Acuto, vero? Non a caso ho rubato la definizione a Pasolini.

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