Recensioni militanti & promesse dell'arte alternativa
È un esordio fulminante, quello di Piero Van Dijk, giovane artista che porta una ventata d'aria fresca nello stantio mondo dell'arte italiana, sia quella mainstream e à la page del gran mondo sia quella che si reputa alternativa ma che da troppo tempo non partorisce nulla di davvero dicotomico rispetto alla dittatura della maggioranza e del suo gusto.
È una sfida stimolante, quella di Piero Van Dijk, che dice "Sì, si può", ma non con l'aria buonista o obamiana di chi sfrutta una illusoria libertà lasciata cadere come un contentino dall'establishment (octroyée, si sarebbe detto ai tempi di Julien Sorel, lui sì un giovane ribelle che non aveva bisogno di concessioni), bensì con la consapevolezza clashiana che se pensarlo è possibile, farlo è rivoluzionario; e che questo vecchio mondo ha bisogno di guerriglieri e di artisti, meglio se delle due cose insieme.
È un lampo abbacinante, quello di Piero Van Dijk, che squarcia la nube bassa e claustrofobica dell'arte e dello spettacolo italici, uccisi non dalla morte della riduzione dei finanziamenti pubblici, ma dalle guardie bigotte incarnate da chi non ha saputo far fruttare e indirizzare le risorse esistenti.
C'è uno yemenita col turbante, alla mostra di Piero Van Dijk, che si domanda come diavolo sia finito lì, lui che voleva vedere la fontana di Trevi (con tutto che la mostra non è neanche a Roma).
Lasciamo allora che a parlare sia chi ha davvero qualcosa da dire, e premiamolo con la partecipazione, perché l'arte è prima di tutto democrazia popolare: l'imperdibile debutto di Piero Van Dijk, Stronzi lanciati sugli specchi dell'ingresso, è alla Galleria delle Esposizioni di Terni fino al 29 aprile (se venite dall'autostrada, alla terza pressa girate a destra).
Categories: raccontini, recensioni
È una sfida stimolante, quella di Piero Van Dijk, che dice "Sì, si può", ma non con l'aria buonista o obamiana di chi sfrutta una illusoria libertà lasciata cadere come un contentino dall'establishment (octroyée, si sarebbe detto ai tempi di Julien Sorel, lui sì un giovane ribelle che non aveva bisogno di concessioni), bensì con la consapevolezza clashiana che se pensarlo è possibile, farlo è rivoluzionario; e che questo vecchio mondo ha bisogno di guerriglieri e di artisti, meglio se delle due cose insieme.
È un lampo abbacinante, quello di Piero Van Dijk, che squarcia la nube bassa e claustrofobica dell'arte e dello spettacolo italici, uccisi non dalla morte della riduzione dei finanziamenti pubblici, ma dalle guardie bigotte incarnate da chi non ha saputo far fruttare e indirizzare le risorse esistenti.
C'è uno yemenita col turbante, alla mostra di Piero Van Dijk, che si domanda come diavolo sia finito lì, lui che voleva vedere la fontana di Trevi (con tutto che la mostra non è neanche a Roma).
Lasciamo allora che a parlare sia chi ha davvero qualcosa da dire, e premiamolo con la partecipazione, perché l'arte è prima di tutto democrazia popolare: l'imperdibile debutto di Piero Van Dijk, Stronzi lanciati sugli specchi dell'ingresso, è alla Galleria delle Esposizioni di Terni fino al 29 aprile (se venite dall'autostrada, alla terza pressa girate a destra).
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