L'ombra
Io camminavo per strada, pensando ai fatti miei, quando l'ho vista sulla mia destra: era all'interno di un giardinetto, ma al mio passaggio ha subito scavalcato la rete e ha preso a seguirmi. Da allora non mi ha più mollato: ovunque io vada, lei viene con me. Resta a un paio di metri di distanza, credo mi fissi - anche se non saprei dire con certezza se possiede degli occhi; in ogni caso mi sento osservato e sono un po' a disagio.
Si tratta di una sagoma nera, più bassa di me, con bordi sfuggenti e indefiniti, come se si muovesse sempre nell'oscurità. Quanto al carattere, più che un'indole propria ha una missione: è un presagio di morte e sventura, e da qualche tempo mi segue dappertutto.
Io picchietto sull'asfalto bagnato, con le mie scarpe da tennis, e lei sempre lì: è tardi, e la mia cittadina dorme il sonno tranquillo dei paesi, ma lei ci tiene ad accompagnarmi a letto e zampetta dietro di me, senza sollevare schizzi. Non ho voglia di guardarla e non la sento, ma so che c'è. C'è sempre. Quando vado a letto, quando mi sdraio sul mio materasso a due piazze, lei si piazza nell'angolo opposto e resta lì. Non dormo benissimo, in questi giorni. Ho paura anche quando attraverso la strada, perché ogni volta ho l'impressione che lei potrebbe spingermi o farmi cadere: e allora mi giro, esito, mi volto di nuovo, e magari quando mi decido è la volta buona che sopraggiunge davvero un'auto; ma non è scritto che debba morire così, e lei non è qui per quello. Il presagio che mi ripete ogni momento non ha niente di specifico, è un vago promemoria, e quando sono sereno e quando c'è il sole mi sussurra che tutto questo avrà termine, che ogni cosa finirà per sbriciolarsi e perdersi, e che di tutto quello che mi rende felice non rimarrà neanche il ricordo (né potrebbe: se muoio io, e la macchia nera mi assicura che morirò, non si vede chi altri dovrebbe ricordare).
Sabato sono stato a giocare a calcetto con gli amici, ma ho giocato molto peggio del solito. In particolare, ogni volta che provavo a lanciarmi sulla fascia come faccio sempre mi veniva in mente quella presenza alle mie spalle, e cadevo sul pallone o urtavo il mio avversario invece di saltarlo. Mi sono fatto la doccia, dopo, e almeno lì lei mi ha atteso fuori.
L'unico momento in cui quella presenza non mi angoscia è quando sono con la mia bionda, perché adesso c'è una che mi piace, ed è una ragazza bionda con un bel naso diritto e gli occhi chiari chiari. La vedo poco, per vari motivi, ma quando sono con lei è come se l'ombra non esistesse, anche se c'è sempre e mi cammina dietro. Mi rendo conto che è banale, questa cosa della bionda che dissolve le ombre, però a me succede così: allora l'abbraccio stretta, le afferro una ciocca di capelli e me li metto sugli occhi; poi mi giro e guardo attraverso quella visiera, e la sagoma nera mi sembra tanto minuscola e indifesa da farmi quasi tenerezza.
Quando dormiamo insieme, io e la bionda, l'ombra resta lì per un po', senza vergognarsi della nostra nudità; poi, più tardi, io allungo una mano a cercare la sua, così piccola tra le mie dita, ed è un gesto tanto naturale e definitivo che anche quella macchia nera, coi suoi bordi vaghi e acuminati, si sente di troppo e se ne va. Uscendo, chiude la porta senza far rumore.
categorie: raccontini
Si tratta di una sagoma nera, più bassa di me, con bordi sfuggenti e indefiniti, come se si muovesse sempre nell'oscurità. Quanto al carattere, più che un'indole propria ha una missione: è un presagio di morte e sventura, e da qualche tempo mi segue dappertutto.
Io picchietto sull'asfalto bagnato, con le mie scarpe da tennis, e lei sempre lì: è tardi, e la mia cittadina dorme il sonno tranquillo dei paesi, ma lei ci tiene ad accompagnarmi a letto e zampetta dietro di me, senza sollevare schizzi. Non ho voglia di guardarla e non la sento, ma so che c'è. C'è sempre. Quando vado a letto, quando mi sdraio sul mio materasso a due piazze, lei si piazza nell'angolo opposto e resta lì. Non dormo benissimo, in questi giorni. Ho paura anche quando attraverso la strada, perché ogni volta ho l'impressione che lei potrebbe spingermi o farmi cadere: e allora mi giro, esito, mi volto di nuovo, e magari quando mi decido è la volta buona che sopraggiunge davvero un'auto; ma non è scritto che debba morire così, e lei non è qui per quello. Il presagio che mi ripete ogni momento non ha niente di specifico, è un vago promemoria, e quando sono sereno e quando c'è il sole mi sussurra che tutto questo avrà termine, che ogni cosa finirà per sbriciolarsi e perdersi, e che di tutto quello che mi rende felice non rimarrà neanche il ricordo (né potrebbe: se muoio io, e la macchia nera mi assicura che morirò, non si vede chi altri dovrebbe ricordare).
Sabato sono stato a giocare a calcetto con gli amici, ma ho giocato molto peggio del solito. In particolare, ogni volta che provavo a lanciarmi sulla fascia come faccio sempre mi veniva in mente quella presenza alle mie spalle, e cadevo sul pallone o urtavo il mio avversario invece di saltarlo. Mi sono fatto la doccia, dopo, e almeno lì lei mi ha atteso fuori.
L'unico momento in cui quella presenza non mi angoscia è quando sono con la mia bionda, perché adesso c'è una che mi piace, ed è una ragazza bionda con un bel naso diritto e gli occhi chiari chiari. La vedo poco, per vari motivi, ma quando sono con lei è come se l'ombra non esistesse, anche se c'è sempre e mi cammina dietro. Mi rendo conto che è banale, questa cosa della bionda che dissolve le ombre, però a me succede così: allora l'abbraccio stretta, le afferro una ciocca di capelli e me li metto sugli occhi; poi mi giro e guardo attraverso quella visiera, e la sagoma nera mi sembra tanto minuscola e indifesa da farmi quasi tenerezza.
Quando dormiamo insieme, io e la bionda, l'ombra resta lì per un po', senza vergognarsi della nostra nudità; poi, più tardi, io allungo una mano a cercare la sua, così piccola tra le mie dita, ed è un gesto tanto naturale e definitivo che anche quella macchia nera, coi suoi bordi vaghi e acuminati, si sente di troppo e se ne va. Uscendo, chiude la porta senza far rumore.
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